Ciclo prigionieri

Ciclo prigionieri

02/14/2021 0

Già il filosofo greco Platone (428 – 348) chiamava gli esseri umani „prigionieri“ nella sua „Allegoria della caverna“. Le persone si siedono sul pavimento della grotta e possono vedere solo una debole luce. A volte vedono passare delle ombre. Pensano che queste ombre siano la realtà. Ora, se qualcuno riuscisse a liberarsi dalla grotta e venisse fuori, sarebbe accecato dalla luce e continuerebbe a pensare che le ombre che gli erano familiari siano la realtà. Anche gli altri prigionieri non gli crederebbero che esiste un’altra realtà.
È compito dell’artista ritrarre altre realtà. Le immagini interiori dell’anima – la libertà dello spirito, predicata da F. Nietzsche in „Zarathustra“, è messa in scena qui. I mezzi pittorici sono la pennellata spontanea, i forti contrasti, il gesto selvaggio nell’applicazione della pittura, le forme grezze. Sono linee vivaci che riflettono il battito della vita, la forza elementare dell’artista. È l’interpretazione astratta della realtà da parte del pittore. Le esperienze elementari di delusione, tristezza, fatica, dolore e paura parlano dai dipinti.

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